Il sole, firma del Divino

Il Sole, simbolo di vita e di speranza da tempi immemorabili, scandisce il tempo sacro e il tempo profano. La cultura agricola e pastorale ha fatto di questo astro il segnatempo del proprio lavoro e della propria vita quotidiana. Il raggio di sole offriva, inoltre, la possibilità di “segnare” il sacro, di indicare luoghi e spazi del Divino. Dietro a questa gestione del tempo solare nacque pure una conoscenza del cielo, del territorio e dei suoi fenomeni che permise anche lo sviluppo di una cosmologia destinata a contaminare pesantemente ogni aspetto della vita quotidiana, da quella religiosa a quella lavorativa e professionale. L’orientamento più frequente nelle costruzioni sacre è quello est-ovest perché nell’antica liturgia era previsto che il sacerdote officiante fosse rivolto, sia con il viso che col palmo delle mani levate, verso il sorgere del Sole equinoziale, sole che entrava dalle monofore dell’abside. Oppure il raggio di sole toccava l’altare o una parte della chiesa nel giorno della dedicazione del santo. Ed è il caso, tra i tanti, della chiesa di Sant’Andrea a Gubbio: una monofora orientata ad est-sud proietta il raggio di sole, il giorno del Santo, direttamente al centro dell’altare. Ma ancor prima del cristianesimo erano la potenza regale e la sicurezza della vita che il Sole garantiva sorgendo ogni giorno, e ad esso bisognava rendere grazia e riconoscimento. Da tempi immemorabili l’architettura sacra seguiva regole precise di orientamento legate al sole o ai punti cardinali, una condizione questa necessaria per sottolineare il significato simbolico delle strutture degli edifici stessi, che fossero le grandi piramidi egizie, i verticali obelischi etiopi, gli enormi tumuli etruschi e sciti, fino ad arrivare alle sarde tombe dei giganti e alle chiese medioevali.

Chiesa astronomica di San Martino in val Venosta

Un filo conduttore unisce tutto questo: l’importanza del sole, del raggio di sole. Importanza e funzione che decadranno con l’avvento del rinascimento e il rovesciamento del rapporto terra-cielo: non più la terra come specchio del cielo ma l’uomo come misura del tutto.

Nella nostra regione sono moltissimi gli esempi di architetture sacre, anche piccole, relegate in luoghi solitari e considerate erroneamente dagli storici dell’arte meno attrezzati culturalmente come popolari e secondarie, in cui si può riscontrare un orientamento solare.

Archeologicamente si inizia con i castellieri preistorici, come il Colle Joben presso i laghi di Monticolo, con il suo corridoio megalitico – da ricostruire ipoteticamente – orientato verso i punti di tramonto del sole in allineamento con il Monte Penegal. Oppure con la scalinata del santuario retico di San Martino a Campi, nel basso Sarca, orientata in modo da accogliere i primi raggi che ne illuminano gli scalini, minuto dopo minuto, fino alla sommità dove era presente l’altare dedicato ad un dio o dea retica rimasta ignota. I primi cristiani però hanno subito cristianizzato il luogo innalzandovi una chiesa e dedicandola al santo guerriero Martino. La spada tagliava il mantello ma anche ogni legame con il passato.

Nel Trentino meridionale, in val di Gresta, sulle balze del monte Somator, isolata e lontana dal clamore, nei pressi del villaggio di Corniano, un tempo visitato dalla Dama con la falce chiamata altresì peste, si erge la longobarda chiesa di Sant’Agata. Facendo i debiti calcoli astronomici per più di mille anni trascorsi, quando il sole spunta dal dirimpettaio Coni Zugna, nei primi di febbraio, i raggi colpiscono la finestra a croce collocata sopra l’abside e, dopo aver attraversato tutta la navata nella sua lunghezza, fuoriescono dalla croce-finestra posta ad occidente. Esattamente al centro, al congiungimento delle quattro braccia delle rispettive finestre-croci. Un’esplosione di luce, un sacro diventato improvvisamente tangibile, toccabile.

Val di Roja a sx Cima Dodici e Cima Undici

Questo succede anche nella piccola chiesa di montagna di San Martino, val Venosta, inerpicata sullo stepposo Sonnenberg: nel giorno del santo il sole colpisce esattamente l’altare collocato nella chiesa-grotta e a quell’ora si celebra, da sempre, la messa. Lo stesso vale per San Pietro in val Pusteria. Qui il sole colpisce l’altare nel giorno del solstizio d’inverno a ricordi di antichi riti pagani.

Sul Renon, la piccola cappella gioiello del Kobenkirchl, dedicata alla Trinità, accoglie ogni mattina i raggi del sole che nasce dallo Sciliar e la monofora lì indirizza verso l’altare, illuminandolo completamente.

Si potrebbe citare anche la chiesa paleocristiana di San Procolo a Naturno, l’invisibile e millenaria chiesa di San Giorgio sopra Corces, o la chiesa di Santa Maria in Colle a Laces, sulla quale si spegne l’ultimo raggio di sole del primo dicembre. Decine e decine di esempi che ci insegnano come un tempo le chiese astronomiche segnavano le ore canoniche o ricordavano le dedicazioni ai Santi.        

San Martino a Campi: la scala retica orientata che conduce al tempio

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Pubblicato da Fiorenzo Degasperi

Fiorenzo Degasperi vive e lavora a Borgo Sacco, sulle rive del fiume Adige. Fin da piccolo è stato catturato dalla “curiosità” e dal demone della lettura, che l’hanno spinto a viaggiare per valli, villaggi e continenti alla ricerca di luoghi che abbiano per lui un senso: bastano un graffito, un volto, una scultura o un tempio per catapultarlo in paesi dietro casa oppure in deserti, foreste e architetture esotiche. I suoi cammini attraversano l’arte, il paesaggio mitologico e la geografia sacra con un unico obiettivo: raccontare ciò che vede e sente tentando di ricucire lo strappo tra uomo e natura, tra terra e cielo, immergendosi nel folklore, nei miti e nelle leggende. fiorenzo.degasperi4@gmail.com