Luigi Negrelli, l’ingegnere. Adorato, calunniato, ideò il canale di Suez

L’ingegner Luigi Negrelli sembra si sia occupato per la prima volta della questione dell’istmo di Suez già intorno al 1838, ossia nel periodo della sua residenza svizzera quando era intento all’edificazione della Münsterbrücke di Zurigo ed al miglioramento degli argini del Canale della Linth. Tra il 1838 ed il ’39, nei pressi di Ginevra, avrebbe avuto luogo il suo incontro con il celebre naturalista tedesco Alexander von Humboldt, il quale si mostrò un entusiasta fautore dei suoi progetti relativi ad un canale navigabile tra il Mar Rosso ed il Mediterraneo. Nikolaus Negrelli-Moldelbe, diretto discendente e biografo di Luigi Negrelli, al riguardo narra che lo scienziato esploratore si sarebbe rivolto all’ingegnere “austriaco” con queste parole: “Mi dica, Signor Negrelli? … Perché vi seppellite con tutta la vostra bravura nelle valli svizzere? Perché sprecate la vostra capacità tecnica con piccoli canali e ponti su torrenti? Non vi stimola di fare qualcosa di grande, di unico … Costruire un canale che unisca l’Europa, l’Africa e l’Asia” (Negrelli-Moldelbe, Nikolaus, pp. 81-87). Se il dialogo sia avvenuto veramente oppure no poco importa: di certo c’è che il grande scienziato tedesco, nel 1845, intervenne presso il cancelliere Metternich per perorare un interessamento austriaco alla causa e facendo proprio il nome dell’Ispettore Generale delle regie-imperiali ferrovie, Luigi Negrelli.

Fiera di Primiero in un’antica stampa

Effettivamente l’ingegner Negrelli, a cavallo tra gli anni Trenta e Quaranta del XIX secolo, mentre era attivo sia in Svizzera, dove risiedeva a Zurigo, sia in Tirolo, da dove nell’autunno 1837 gli era giunta la proposta di collaborare al progetto di realizzazione delle linee ferrate locali, coltivava una visione europea sovranazionale dei trasporti, all’interno della quale l’arco alpino deteneva una posizione privilegiata di crocicchio per gli scambi tra nord e sud e tra est ed ovest. In particolare il Tirolo – scriveva – “ha tre vallate principali che sono adatte all’impianto di ferrovie: una a nord da Innsbruck attraverso la valle dell’Inn fino al Danubio, dove può entrare in collegamento con la navigazione a vapore via Vienna verso il Mar nero, ed in Vienna con la grande ferrovia settentrionale, la Ferdinands-Nordbahn, così come a Linz con la Budwieserbahn; una ferrovia meridionale da Merano e Bolzano via Trento e Verona fino al mare Adriatico; una ferrovia occidentale da Bludenz fino al lago di Costanza” (Negrelli Luigi, p. 197).

In effetti l’esperto progettista di strade e ponti nelle regioni alpine tra Vorarlberg, Tirolo e cantone di Zurigo nutriva visioni lungimiranti ed ideali che andavano ben oltre l’angusto spazio geografico e culturale dei suoi natali. 

Luigi (Alois) Nicolò Maria Vincenzo Negrelli infatti vide la luce il 25 gennaio 1799, sesto di 11 figli, a Fiera di Primiero, “dem östlichst gelegenen Orte des südlichen Tirols, an der venetianischen Grenze – nel territorio più orientale del Tirolo meridionale ai confini con Venezia”, come ebbe a scrivere egli stesso in una nota autobiografica per il numero 2 del febbraio 1837 dello Appenzellisches Monatsblatt, all’epoca dei lavori di costruzione della strada tra S. Gallo ed Altstätten. I suoi genitori erano il ricco possidente Angelo Michele della nobile casata dei Negrello (dopo la nascita di Angelo Michele la finale “o” del cognome fu mutata in “i”) ed Elisabeth Würtemberg, o Wirtenbergher, quest’ultima figlia di Josef Würtemberg di Brunico e di Franziska Strobl di Rattenberg am Inn. Luigi, come del resto tutti i suoi fratelli, crebbe quindi in una situazione di bilinguismo familiare che segnò la sua formazione culturale e professionale, consentendogli di conseguire una profonda conoscenza e del mondo germanico e di quello italiano. Del resto, sua mamma Elisabeth un giorno scrisse nel diario del giovane figlio: “Deutsch ist Deine Muttersprache,/Welsch des Vaters Art und Blut,/Herrlich sich in Dir entfache, /Was in beiden Völkern ruht – Il tedesco è la tua lingua madre, italici la natura ed il sangue paterni, si dischiuda in te con eccellenza quanto in ambodui i popoli riposa” (NÉMETH István, p. 138).

Il vecchio ponte sul fiume Limmat a Zurigo

La formazione della prima gioventù avvenne però del tutto in terra veneta, tra Bassano e Feltre prima, dove frequentò il collegio con i due fratelli Francesco Giovanni e Michele Angelo, e tra Venezia e Padova poi, approfondendo nei suoi studi umanistici la filosofia, il disegno e l’arte. D’altro canto la sua terra natale, il Primiero, se da un lato era fortemente legata alla Chiesa del vicino territorio feltrino per esserle appartenuta da un punto di vista ecclesiastico fino al 1786, d’altro lato politicamente era sempre gravitata nella sfera d’influenza dello Stato tirolese sotto l’amministrazione della nobile stirpe dei Welsperg. Non a caso, sia il padre Angelo Michele sia la sorella Giuseppina Francesca, nel 1809, presero parte alle insurrezioni tirolesi contro gli invasori franco-bavaresi.

Agli inizi del dicembre 1818, Luigi Negrelli partì per Innsbruck per perfezionare la conoscenza del tedesco ed iniziare un tirocinio tecnico lavorando sul campo in diverse località del Tirolo e del Vorarlberg. Nel 1820, all’età di 21 anni, superato brillantemente un difficile esame entrò in servizio presso la Direzione edilizia distrettuale di Innsbruck; in questa mansione, ebbe l’onore di conoscere ed entrare in confidenza con il celebre ingegnere venostano Josef Duile (1776-1863), al cui ufficio era stato affidato.

Nel 1824, il nostro venne inviato a Vienna a studiare le nuove tecniche di costruzione dei ponti e, in quella città, ebbe l’occasione di frequentare i più grandi ingegneri ed architetti del tempo. Carico di esperienze e di illustri conoscenze, Luigi lasciò la capitale dell’Impero nell’aprile 1825 per far ritorno ad Innsbruck. L’anno dopo lo ritroviamo a Bregenz con il Duile per un vasto progetto di regolamentazione del fiume Reno. Fu proprio in quest’occasione che l’ingegnere del Primiero acquisì notevoli esperienze nel settore della canalizzazione e dell’idraulica. Unite a quelle conseguite successivamente come membro della Commissione di polizia del Canale della Linth, in Svizzera, esse gli serviranno più avanti per l’ideazione del suo ambizioso progetto di taglio dell’istmo di Suez.

Giuseppina Negrelli, eroina del Tirolo

Nel corso dei lavori nel Vorarlberg, Luigi Negrelli venne a contatto con le autorità del Cantone di S. Gallo le quali, nel 1830, lo chiamarono a collaborare alla realizzazione di nuovi progetti stradali dapprima come esaminatore e poi, dal novembre 1832, nelle vesti di Ispettore. Contemporaneamente egli collaborò anche con le autorità del Cantone dello Appenzell allo sviluppo della locale rete stradale, realizzando progetti di ponti e di importanti vie di collegamento.

Nel frattempo, il 31 maggio 1829, Luigi Negrelli aveva sposato a Niederdorf/Villabassa Amalie Marie Wilgefortis von Pirkenau, patrizia pusterese, che gli diede quattro figli di cui la prima, Amalie, morì a Bludenz già nel 1831. Il matrimonio con Amalie Marie non fu dei più felici, ma moglie e figli lo seguirono comunque a S. Gallo e, dal 1836, a Zurigo dove l’ingegnere trentino venne richiesto per diversi incarichi, tra i quali la costruzione della Münsterbrücke, l’imponente ponte in pietra sul fiume Limmat, i miglioramenti del Canale della Linth e la progettazione di un sistema ferroviario tra Zurigo e i Grigioni e tra Zurigo ed il lago di Costanza. L’8 dicembre 1840 Amalie si spense a Vienna, precipitando Luigi in un grande dolore e lasciandolo unico genitore di tre figli in tenera età proprio nel momento in cui la sua presenza e la sua opera erano richieste dalle autorità di vari Paesi europei. Fu perciò giocoforza che il Negrelli affidasse i bambini alle cure dei nonni nel Primiero.

Il Maresciallo Radetzky

La collaborazione di Luigi Negrelli era ambita in particolare dai vari Cantoni svizzeri che, nei loro programmi di ammodernamento dei corsi fluviali, delle reti viarie e dei valichi alpini, avevano urgente bisogno dei migliori ingegneri europei. Tra costoro il Negrelli si distinse anche per essere uno dei pionieri dello sviluppo delle ferrovie. A tale scopo tra l’agosto ed il settembre 1836 egli intraprese un viaggio di studio in Francia, Inghilterra e Belgio, i Paesi europei cioè dove più intenso era il potenziamento delle strade ferrate; le conseguenze di questo suo viaggio di aggiornamento furono la proposta alle autorità confederate di un progetto di linea ferroviaria tra Zurigo e Basilea, la collaborazione alla progettazione delle ferrovie tirolesi e la nomina, nel 1840, ad Ispettore generale della “Kaiser-Ferdinands-Nordbahn”, la più importante società ferroviaria privata dell’Austria-Ungheria. 

Il 1 aprile 1842 Luigi Negrelli per conto dello Stato austriaco assumeva la carica di Direttore delle costruzioni ferroviarie curando, nel frattempo, la progettazione di una rete ferroviaria nel Württemberg per conto di re Guglielmo I di Prussia e la creazione della ferrovia Zurigo-Baden per i suoi amici svizzeri. Il valore che l’ingegner Negrelli, con grande lungimiranza, attribuiva allo sviluppo di un complesso sistema ferroviario europeo lo leggiamo nel diario tenuto durante il suo viaggio in Francia ed in Inghilterra: “Più lunga è una ferrovia e più sicuri sono i risultati favorevoli sui quali si può contare e tanto più grande sarà quindi la sua efficacia sul commercio e sull’industria. Le ferrovie sono fiumi che diventano sempre tanto più importanti quanto più il loro percorso si estende…” (NEGRELLI Luigi, p. 188). 

Da Ispettore generale delle ferrovie austriache Negrelli potè collaborare con altri due pionieri italiani delle strade ferrate, il veneziano Carlo de Ghega (1802-1860), anch’egli Ispettore generale delle ferrovie dello Stato, ed il trevigiano Ermenegildo Francesconi (1795-1862), all’epoca Direttore generale delle ferrovie asburgiche. Nel 1847, a Vienna Luigi prende in seconde nozze Karoline Weiss von Starkenfels, da cui riceverà altri cinque figli, il primo dei quali, Ferdinand Franz Karl Josef Michael Johann Maria, verrà alla luce il 29 marzo del fatidico 1848, nel mezzo dei tumulti rivoluzionari che stavano infiammando l’intera Europa.

L’importanza strategica delle linee ferrate non sfuggì al celebre maresciallo Radetzky che, nel Lombardo-Veneto, dirigeva la reazione dell’esercito austriaco contro i rivoltosi; tanto che, in settembre, dal competente ministero viennese venne mandato a Milano proprio l’ingegner Negrelli, con l’incarico di riorganizzare la linea Como-Milano-Venezia al fine di piegare la resistenza della Serenissima.

I genitori di Negrelli

Non molti sanno che, in seguito alla vittoria austriaca, la stima di Radetzky per Negrelli portò vantaggi ed incarichi a quest’ultimo il quale strinse con il maresciallo una vera e propria amicizia. Nel novembre 1849, infatti, sarà il noto uomo d’armi a tenere a battesimo, a Verona, il secondogenito del Negrelli, Josef Maria. Uno spirito europeo, Luigi Negrelli, ma sinceramente “austriaco” ed asburgico per sentimenti, i cui progetti di sviluppo ferroviario per il Nord Italia corrispondevano in pieno alle mire politiche di Vienna: una rete organica che rafforzasse i collegamenti di Milano con Venezia e Trieste ad est, con Bolzano ed Innsbruck a nord, con i ducati di Parma, Modena e con la Toscana (e quindi, di conseguenza, con lo Stato Pontificio ed il Regno delle Due Sicilie) verso sud, allo scopo di isolare il Piemonte ad Occidente. Tuttavia, l’ingegner Negrelli seppe anche barcamenarsi con abile diplomazia tra austriacanti e rivoluzionari italiani: se, da una parte, non smetteva di sottolineare davanti alle autorità il suo decisivo contributo nell’aver piegato i rivoltosi veneziani, dall’altra evitò di licenziare gli operai che, nel ’48, si erano compromessi con i tumulti popolari. Nel 1850, tra le altre cose, ripresosi da una grave malattia, lavorò a progetti di irreggimentazione dell’Adda e del Po. Nello stesso anno, come riconoscimento ai suoi innumerevoli meriti civili, gli veniva conferito l’Ordine della corona di ferro che, di fatto, lo rendeva nobile della monarchia austriaca con il predicato “von Moldelbe” il quale, secondo le sue stesse parole, “deriva dalla Moldava e dall’Elba perché il sottoscritto si compiace di aver eseguito per lo Stato gli utilissimi lavori nelle valli attraversate da quei fiumi da Praga in giù …” (DEIHSEN Christian, pp. 189-190).

Nel corso del 1853, il Negrelli elaborò per conto del governo austriaco un concetto generale dei trasporti dell’Impero in alta Italia dando il via, nel giugno del 1854, ai lavori per la costruzione della linea ferroviaria tra Verona e Bolzano.

Nel 1855, però, secondo lo studioso Tindaro Gatani, un complotto di invidiosi alla corte viennese provocò un’inquisitoria da parte dello Stato austriaco su presunte “sconvenienze e malversazioni” riscontrate nei lavori ferroviari nel Lombardo-Veneto e nel Tirolo del Sud (GATANI, Tindaro, pp. 189-192). La commissione governativa capeggiata dal feldmaresciallo Karl Trattnern von Petrocza, non potendo ravvisare nell’operato dell’ingegnere trentino nessuna vera manchevolezza, giunse ad accusarlo di sentimenti antiaustriaci, prendendo a pretesto le azioni del Negrelli in favore degli operai italiani. La conseguenza fu che, il 1 settembre 1855, l’imperatore Francesco Giuseppe destituì l’ingegnere Luigi Negrelli dal suo incarico di direttore delle ferrovie del Lombardo-Veneto. Fu solo un’oscura parentesi, perché dopo il trasferimento di Negrelli a Parigi in ottobre ed il suo viaggio in Egitto verso la fine dell’anno, Radetzky mise a tacere tutti i suoi accusatori e lo stesso Imperatore lo ricevette in udienza nel gennaio 1856, reintegrandolo nelle sue antiche funzioni di Ispettore generale delle ferrovie austriache.

Ma a questo punto della sua biografia interessi ed intendimenti dell’ingegnere del Primiero erano rivolti all’ambizioso progetto del Canale di Suez.

Alexander von Humboldt

L’istmo di Suez:
UNA STORIA INFINITA

Già nel 1504 ingegneri veneziani avevano proposto alle autorità ottomane in Egitto la possibilità di riaprire l’antica Via delle spezie creando un canale diretto tra il Mar Rosso ed il Mediterraneo. Il grandioso progetto, pur non trovando realizzazione, non fu però mai del tutto accantonato. Soprattutto nel corso del XVIII secolo, diversi studiosi si occuparono della fattibilità di una simile opera, tra questi il veronese Anton Maria Lorgna, il barone francese de Waldner, l’austriaco Karl August Heim. Tuttavia, l’idea di un collegamento diretto tra i due mari prese corpo in occasione delle campagne napoleoniche in Egitto, quando l’architetto Jean-Baptiste Lepère (1761-1844) studiò la fattibilità di un canale che tagliasse l’istmo di Suez in tre tronchi. La sconfitta del Bonaparte fece accantonare il progetto che venne presto dimenticato. A risollevare la questione dell’importanza di un canale di comunicazione tra il Mediterraneo ed il Mar Rosso in un Egitto sulla via della modernizzazione e dell’autonomia dall’Impero turco, fu il filosofo rivoluzionario francese Claude-Henry de Rouvroy, più noto come conte de Saint-Simon (1760-1825), precursore di un socialismo ideal-politico. Un suo discepolo, Barthélemy-Prosper Enfantin (1796-1864), filosofo, economista e giornalista si mise a studiare con passione le effettive possibilità di un collegamento tra i due mari, avvalendosi di un team di esperti come l’amico Èmile Barrault e gli ingegneri Paulin Talabot e Louis Maurice Adolphe Linant de Bellefonds. Il gruppo costituì una missione d’indagine francese che si recò in Egitto a svolgere sopralluoghi. Tuttavia, il sogno sansimonista dell’apertura di una grande via di comunicazione e di commercio verso l’Asia e l’Oceania lasciò freddo e diffidente il viceré Mohammed Ali e trovò indifferenza nelle grandi nazioni europee, altrimenti impegnate nell’ardua opera della Restaurazione postnapoleonica. 

Negrelli, Ispettore delle Imperialregie Ferrovie

Va aggiunto però che, nel 1842, il cancelliere austriaco Metternich aveva mostrato simpatie per questo progetto francese, ritenendo che l’apertura di una simile via commerciale avrebbe dato al porto asburgico di Trieste nuove e redditizie occasioni di traffici con l’Oriente. Proprio in quello stesso anno il Negrelli aveva presentato al Cancelliere un suo personale progetto per la costruzione di un canale attraverso l’istmo di Suez, progetto che prevedeva una grande cooperazione internazionale che superasse le diffidenze tra gli Stati.

Intanto, nel novembre 1846, su iniziativa di Enfantin veniva costituita a Parigi la Società di Studi del Canale di Suez, formata da tre gruppi di studio, uno francese, uno inglese ed uno tedesco, il primo capeggiato dall’ingegner Talabot, il secondo dall’ingegner M. Robert Stephenson, il terzo dall’ingegner Negrelli. Francesi e tedeschi eseguirono i rilevamenti a loro richiesti. Gli inglesi no: anzi, Stephenson si recò in Egitto qualche anno dopo per prendere accordi in segreto con Abbas-Pascià riguardo un collegamento ferroviario Alessandria-Il Cairo che rendesse inutile la realizzazione di un canale a gestione internazionale.  

Intanto, sul fronte interno, Negrelli si dava da fare perché nella commissione tedesca della Société d’études sedessero enti triestini come l’amministrazione comunale, la Borsa ed il Lloyd, con l’evidente intento di portare vantaggi al porto della città giuliana e, con ciò, all’intero Impero austro-ungarico.

Disegno del progetto di Luigi Negrelli per il canale di Suez

Il fatto inatteso fu l’iniziativa intrapresa dal visconte Ferdinand-Marie de Lesseps (1805-1894), stretto amico del nuovo viceré d’Egitto Mohammed Said pascià, succeduto nel 1854 al fratello Abbas. Nel 1856, il de Lesseps, sostenuto da Napoleone III, otteneva dal suo amico viceré l’approvazione degli statuti di una nuova società da lui stesso fondata, la Compagnia universale del Canale di Suez, dalla quale vennero esclusi tutti gli studiosi che avevano fatto parte della Société d’études, tranne il Negrelli che, per le sue competenze, era ritenuto il tecnico più autorevole nel campo. La nuova commissione internazionale deliberò, quindi, di adottare il progetto dello stesso ingegnere austriaco perché, a differenza di quello dei francesi Linant e Mougel, non era solo un disegno preliminare ma definitivo; inoltre, esso prevedeva un collegamento diretto tra i due mari evitando la presenza di chiuse alle due imboccature.

Tuttavia, nel luglio 1857 Robert Stephenson, sostenuto dal primo ministro inglese, Lord Palmerston, tentò di ostacolare il disegno di Negrelli con accuse molto gravi, tra le quali la più eclatante denunciava il rischio che il canale si trasformasse in un enorme lago stagnante che, tra le altre cose, avrebbe diffuso la malaria nella regione. Dal Piemonte si levò a difesa del progetto di Negrelli la voce autorevole dell’ingegnere Pietro Paleocapa (1788-1869), ministro dei lavori pubblici del regno di Sardegna, anch’egli membro della Commissione internazionale, il quale smontò una per una le obiezioni di Stephenson portando inoppugnabili tesi di carattere scientifico ed anche economico. Il documento del Paleocapa, tra gli altri, fu sottoscritto da Jean-Pierre-Hippolyte-Aristide Liessou, il più illustre idrografo del tempo, il quale confermò la fattibilità di un collegamento senza chiuse tra i due mari con un canale diretto, come progettato da Luigi Negrelli. 

La Tribuna dei Sovrani durante l’inaugurazione del canale, dall’opera “Voyage des souverains: Inauguration du Canal de Suez” di Gustave Nicole e Edouard Riou

Gli Inglesi però tornarono al contrattacco con maggiore virulenza, tanto che nel giugno 1858 si giunse ad un acceso confronto tra Stephenson e lo stesso Negrelli sulle pagine del “Times”. In particolare, nel suo intervento del 18 giugno, Negrelli replicò ad uno degli argomenti più impressionanti della controparte spiegando che “i grandi bacini nell’interno dell’istmo formeranno delle superfici d’acqua molto considerevoli, che manterranno, come tutti i laghi interni, il movimento costante delle acque; la differenza delle maree nei due mari comunicherà al canale l’agitazione che hanno gli stessi mari. Il canale non può essere considerato che come la continuazione dei due mari, che mescolano le loro acque nei due bacini”; e Negrelli seguitava, rivolgendosi direttamente a Stephenson: “Che il mio onorevole amico provi ad osservare attraverso le finestre del Parlamento, dove egli ha sviluppato tanto singolari conoscenze idrauliche, egli vedrebbe allora che il riflusso del Tamigi fino al di là di Windsor è causato dalla marea montante e dall’agitazione comunicata al fiume; sebbene Windsor si trovi a molte leghe dal mare, nondimeno l’influenza della marea sulle acque interne si fa sentire regolarmente” (SCAGLIONE Francesco Attilio, pp. 238-241).

Ben presto la politica inglese attenuò le sue resistenze alla creazione dell’istmo, mentre il conflitto russo-turco spinse l’Impero ottomano ad essere meno riluttante nei confronti del progetto. 

Di conseguenza, il 27 agosto 1858, Luigi Negrelli veniva eletto dal viceré egiziano Said-pascià presidente della Direzione tecnica superiore dell’impresa del Canale di Suez. Già gravemente sofferente ai reni durante l’estate, però, l’ingegnere trentino, la mattina del 1 ottobre 1858, ad appena sei mesi dall’inizio dei lavori dell’istmo, si spense a Vienna per le complicazioni della sua malattia e venne sepolto nel cimitero di St. Marx, alla periferia cittadina. Soltanto il 17 novembre 1929 i suoi resti verranno traslati solennemente e deposti in un monumento funebre nel Cimitero centrale della Capitale austriaca. Tuttavia, benché nella città egiziana di Ismailia al tempo dell’inaugurazione del canale (novembre 1869) vi fosse già una “via Negrelli”, in Austria solo dagli anni ’50 del Novecento si dedicheranno strade alla memoria dell’ingegnere del Primiero, mentre anche in Italia si giungerà piuttosto tardi a riconoscere i meriti dell’illustre “italiano” che aveva contribuito allo sviluppo moderno dell’odiato nemico del Nord.

L’eredità morale di Luigi Negrelli ha ancora da dire agli irriducibili ed ottusi nazionalismi dei nostri tempi che “la natura non ha posto nessuna barriera all’uomo pensante per fare del bene e che ogni Paese, dove egli può operare bene, sia per lui Patria …” (Appenzellisches Monatsblatt, nr. 2, febbraio 1837, pp. 33-36).

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Pubblicato da Andrea Vitali

No, non è lui, il celebre medico-scrittore di Bellano! Questo Andrea Vitali, nato a Roma e naturalizzato sudtirolese, è più modestamente un insegnante di italiano seconda lingua nella scuola superiore tedesca dell’Alto Adige. Attualmente tiene anche corsi di letteratura italiana presso la Facoltà di Scienze della Formazione della Libera Università di Bolzano. Vivendo da decenni in Alto Adige/Südtirol ha imparato ad amare la storia, le culture e le lingue delle terre dell’antico Kronland Tirol. Per questo, dal 2006 è anche guida storico-culturale professionale del territorio altoatesino. Nel 2009 ha pubblicato un ampio testo storico-artistico sulla città medievale di Chiusa/Klausen e sul complesso monumentale di Sabiona/Säben, mentre nel 2019 è apparso per i tipi di Curcu&Genovese il suo ultimo libro "La scuola e la svastica", uno studio sulle condizioni della scuola italiana altoatesina durante il breve periodo dell’occupazione nazista.